La transizione ecologica, la comunicazione, miocuggino.
In un’agenzia di comunicazione è possibile fare a meno dei grafici? In un team marketing è il copywriter a gestire la funzione SEO? Fareste mai fare il progetto strutturale della vostra casa a un cuoco? Quando avete bisogno di una visita medica a chi vi rivolgete? Immagino non a una professoressa di lettere.
Riccardo a tre anni stava per entrare alla scuola materna ma non era ancora autonomo per alcune funzioni e la nuova scuola non avrebbe gestito questa sua esigenza. Le settimane passavano e io le stavo provando tutte per convincerlo a togliersi il pannolino, eppure ogni tentativo sortiva solo una sua ansia in più e nessun risultato sperato. Come un regalo di Natale è arrivato il consiglio di un’amica e il numero di una pedagogista. Dopo alcune video call, una panoramica sul mondo dei bambini visto dai bambini, e consigli pratici, lo scopo è stato raggiunto in sole due settimane. Mi fossi affidata prima a una pedagogista, avrei risparmiato a me e a Richi un po’ di sbagli e un po’ di stress.
Sono una persona che ama fare il suo lavoro e che ama che agli altri venga permesso di fare il proprio, è una questione di umiltà e prima ancora di tempo. So di essere relativamente esperta di alcune cose e all’oscuro di una marea di informazioni, lo accetto e scelgo di non esprimermi dove non so, ma di chiedere, perché ci metterei troppo, veramente troppo, a imparare. Poter contare sulle professionalità altrui, mi tranquillizza mi permette momenti di conoscenza, di ‘sintesi’ semplice di mondi complessi, come quello dei bambini ad esempio, che mi sta molto a cuore e che per via del fare un altro lavoro non posso approfondire quanto un pedagogista, nonostante la mamma sia io.
Ci sono professioni che ci vengono in mente e altre no, anche se esistono e sono accessibili. Ci sono professioni che nascono a seguito di scoperte tecnologiche e scientifiche, o di cambiamenti socio culturali o ambientali. A complicare le cose è che alle volte, certe rivoluzioni sono così veloci e sebbene si manifestino urlanti, non lasciano il tempo di mettersi in pari nella visione del mondo. Rivoluzioni sia individuali che collettive come il diventare genitori, la scoperta del fuoco, l’invenzione del motore e la rivoluzione industriale, o l’arrivo del web nelle nostre vite. Momenti che stravolgono il mondo così come è conosciuto, per portare i suoi abitanti in uno scenario nuovo.
La transizione ecologica, o in una parola abusata la sostenibilità, è una rivoluzione. Proprio come lo è stato l’avvento di Internet. Il suo ingresso nelle nostre vite sarà totalizzante e cambierà molte delle nostre abitudini più scontate in tempo breve, e ha già iniziato a farlo.
Ricordo ancora, qualche anno fa, lo sguardo di certi colleghi che si occupavano di SEO o di performance marketing, di sistemisti, di sviluppatori web. Quelli che sanno raccogliere e leggere i dati che la rete produce sul traffico, sul posizionamento, quelli che sanno fare la magia attraverso certe tecniche e una serie di conoscenze, per essere visti (almeno un pochino) nel mare magnum. Il loro sguardo (non me ne vogliano), il loro modo di contribuire, mi sembrava a tratti altero, di qualcuno che sentisse di conoscere qualcosa che altri ignoravano del tutto, di conoscerne la strategicità. Ed era così. Una sorta di placida quiete, poche parole con cui sentenziavano alcune profezie. Guardavano un po’ dall’alto al basso noi Analytics estranei, perché credo sapessero di sapere, a differenza nostra, qualcosa di strategico per stare sul web. La stessa storia per gli sviluppatori web, gli smanettoni, quelli che quando accendono un computer, anche il tuo, sanno perfettamente dove andare, cosa serve, quelli che sanno usare degli strumenti fondamentali anche per te, che sanno che esistono mentre tu non solo lo ignori ma non capisci nemmeno quanto questa tua ignoranza determini una nuova gerarchia di potere in cui a guidare non sei tu. Tu lo ignori, loro lo sanno, capiscono molto bene che cosa ti stai perdendo o in quale muro ti schianterai, se non vieni indirizzato.
Il digital divide è un fenomeno che parla di redistribuzione del potere in senso ancora peggiorativo e non ci sono stati divulgatori a dotarci quotidianamente di qualche importante insight sul nostro stato di inconsapevolezza. Oggi sappiamo che cosa il digital divide determini, in termini di potere e competitività, ma anche di libertà personale e di scelta, la capacità di conoscere e fare proprio il web, la tecnologia, o di restarne appunto tagliati fuori e inconsapevoli di cosa il mondo sia diventato, dopo avere fatto posto al web.
Oggi chi ha un’impresa non farebbe mai a meno di un sito web, di un team IT o di esperti di marketing digitale, ma pensa ancora di poter fare a meno di un consulente della sostenibilità e di un comunicatore preparato che sappia guidare questa funzione delle imprese nell’economia circolare in modo sicuro. Si tratta di competitività certo ma anche più semplicemente di adeguatezza rispetto ai tempi. Alcune aziende più strutturate se ne sono già accorte, qualcuno invece pensa di potersi affidare a figure improvvisate che ogni tanto leggono qualche articolo e così sentono di potere incarnare una sorta di esperienza. Altri ancora ignorano completamente lo scenario in rapida evoluzione, le normative, le direttive, le declinazioni del fenomeno e i suoi impatti, le multe, la perdita di reputazione e di mercato. C’è chi ancora pensa alla sostenibilità come all’argomento del momento. Chi pensa alla transizione ecologica come fenomeno di moda ma non davvero sostanziale, chi ne ha una conoscenza molto sommaria che non può preparare alle scelte necessarie per gestirne la pervasività e l’esigenza di azione e di riorganizzazione che una tale rivoluzione porta a tutti i livelli, aziendale e di competenze di cui dotarsi compresa.
Come la storia ci insegna, a più esempi, conoscere significa anche rispondere meglio. Dotarsi di professionalità esperte, competenti in modo specifico rispetto al tema della sostenibilità, farlo prima per farlo meglio nel tempo, prepararsi, porta un vantaggio competitivo e prima ancora una reale possibilità di stare nel nuovo contesto in modo più adeguato. In Italia così come in altri paesi non esistono al momento ordini professionali per gli operatori della sostenibilità, credo però non tarderanno. L’esigenza di non lasciare al caso la transizione ecologica delle imprese, e una comunicazione adeguata, ma anche quella di agire su regole condivise, sarà sempre più forte. E come non permetteremmo mai a un chirurgo senza laurea ed esperienza adeguata di operarci, immagino che non sarà possibile affidarsi davvero a chi non è preparato su un tema di tale portata e impatto per la vita delle imprese.