Comunicare il sapere dei tecnici

il sapere tecnico da comunicare

Comunicare il sapere dei tecnici

Il sapere è un motore e nel tempo le cose sul sapere sono cambiate: la sua gestione, il suo accesso, le connessioni e contaminazioni tra un sapere e l’altro, l’aumento esponenziale di velocità di trasformazione, che la disponibilità di sapere scatena, in ogni disciplina e in ogni ambito di vita.

Oggi il sapere a disposizione di molti è tanto eppure non è facile conoscere o farci qualcosa. Le nostre strutture neuronali infatti non sembrano essere cambiate molto negli ultimi duemila anni e siamo sempre capaci di assorbire e processare solo un certo numero di informazioni e solo in un certo modo. Le cose stanno così tanto che l’aumento della disponibilità di informazioni è percepita spesso come un elemento di disturbo.

Essere capaci di captare e accogliere o meno un contenuto, elaborarlo e farlo utile per uno scopo, può sembrare qualcosa che ha a che fare prevalentemente con noi, il nostro tempo e le nostre capacità. Eppure c’è altro.

Lavoro da diversi anni come comunicatrice per imprese ad alto grado di tecnica, tecnologia e informatica. Ho avuto molto a che fare con le persone che nelle imprese svolgono i famosi ruoli ‘tecnici’: ingegneri, tecnici informatici, specialisti di processo, che lavorano per grandi provider IT, operatori TLC, imprese metallurgiche, aziende di robotica. E nel contatto con queste persone ho capito alcune cose:

1 – per prima cosa sono queste persone ‘tecniche’ ad avere in mano il potere. Ma la cosa strana è che non lo sanno. Non hanno capito che le loro conoscenze e soprattutto il loro ‘metodo conoscitivo’ è quello tramite il quale possono continuare ad aggiornarsi con più facilità e alla famosa velocità necessaria. E ciò  mantiene nelle loro teste quel patrimonio e nelle loro mani quella capacità che crea ogni giorno una distanza e un vantaggio sempre più grande tra loro e il resto delle persone.

H.Laborit in ‘Elogio della fuga’ scrive che nelle nostre società “la dominanza si è stabilita secondo il grado di astrazione raggiunto da un individuo nella sua informazione professionale. Essa è oggi alla base delle gerarchie, non soltanto professionali, ma del potere economico e politico”.

Forse oggi questa capacità di astrazione non può più essere disgiunta dalle conoscenze tecniche, forse non lo è mai stata. Ma a parte ciò per fare sì che il sapere arrivi al pubblico e che possa essere utile per uno scopo, occorre una figura capace di individuare, capire e poi portare queste informazioni da A a B.

2 – chi ha a che fare con queste persone, in qualsiasi rapporto economico o meno, sottovaluta la distanza da cui parte nella relazione. Mi è capitato ad esempio di preparare contenuti informativi destinati a titolari di imprese, da sempre percepiti come le persone rilevanti nel momento decisorio di un acquisto. Ma va detto che se sempre più i vertici godono di una visione trasversale e possono finalizzare una decisione grazie alle loro capacità imprenditoriali, potranno prendere decisioni sensate grazie (e a volte soprattutto) al parere di un ‘tecnico’ . Raccogliere quindi la visione e le necessità di chi svolge ruoli tecnici in azienda o stimolarla, in un processo di comunicazione destinata alle imprese, non può essere qualcosa che viene fatto in maniera secondaria o distratta.

3 – Spesso è dal colloquio con le persone ‘tecniche’ che emergono i contenuti rilevanti. E va detto che non emergono in un processo logico o tramite un metodo predefinito, perché tornando al punto 1, spesso le persone ‘tecniche’ non percepiscono e valutano che un determinato contenuto possa essere utile al pubblico. Il più delle volte quello che un tecnico sta raccontando come fosse normale, ha un grande valore ma ci vuole qualcuno che sia sensibile per capirlo, stimolarlo e saperlo collegare ad altro ancora.

Ci vuole una grande capacità di ascolto e bisogna ‘sentire’ bene quando non interferire e quando invece fare una domanda in più.

4 – le persone tecniche una volta che restituisci loro il prodotto della loro conoscenza e del tuo lavoro, pacchettizzato in modo accessibile per il pubblico, si accendono (ancora di più). Smettono per un momento di sentirsi ‘solo dei tecnici’ e percepiscono un potenziale. È questo potenziale, che a livello di comunicazione, l’impresa potrà mettere a frutto a quel punto, rilevando altri elementi utili e mettendo queste persone in prima linea a raccontarle.

5 – Esporre i tecnici in pubblico richiede un lavoro non banale per chi fa comunicazione. Tale lavoro se fatto bene porta grande soddisfazione a tutti: all’impresa che si posiziona su temi rilevanti e non su ‘fuffa’, al pubblico che accede a qualcosa di utile e potrà quindi non sentirsi solo noiosamente intrattenuto, al tecnico che proverà soddisfazione per essere riuscito a far capire qualcosa di sé e di quello che fa.

Per far parlare un tecnico in pubblico bisogna capire chi è il pubblico. Più il pubblico è distante e a digiuno di informazioni su un certo settore specifico e più sarà necessaria un’opera di ‘traduzione’ e di avvicinamento. È tale opera che richiede tempo, spremitura delle meningi, tatto del proporre correzioni e spesso revisioni sostanziali dei contenuti ricevuti.

A nessuno piace essere ‘regolato’ ma soprattutto non piace a una persona che ha un’approfondita conoscenza tecnica di quello che dice. Bisogna allora conquistarsi quella fiducia che fa sì che una mente molto brillante e competente possa affidarsi a un professionista (chi fa comunicazione) di cui in effetti non conosce il lavoro o l’obiettivo.

Le famose soft skill (che non si sviluppano ma si hanno o meno) fanno la differenza. Tatto, rispetto e capacità di dare valore, volontà di accogliere prima e trasformare poi, oltre che di sviluppare una strada alternativa, possono essere le chiavi di successo.

Il comunicare il sapere di un tecnico, la capacità di rilevare e veicolare tale sapere tramite contenuti utili per il pubblico, è qualcosa che richiede a chi si occupa di comunicazione una capacità che va oltre il progettare e produrre oggetti di comunicazione. Armarsi di silenzio, ascolto e molta attenzione è il primo passo per entrare in mondi che sono veri e propri scrigni di saperi preziosi: per portare fuori qualcosa, con rispetto, sia del proprietario dello scrigno che del pubblico.