Il talento, altrui
Ho assunto una babysitter, e ho capito che il collaboratore perfetto ha certe caratteristiche e che non sono quelle che credevo.
Alla babysitter permetto di stare ogni giorno con mio figlio, che è la persona più importante della mia vita, ma non solo, il progetto più importante. La sua serenità dipende in larga parte dal mio comportamento, dal mio impegno. Il suo benessere è sulle mie spalle e collegato alle mie scelte, in tutto.
Alla babysitter io affido ogni giorno il valore più importante che ho, su cui investo moltissima energia, tanto tempo e dedizione affinché stia bene nel presente e possa crescere bene nel futuro, molto bene.
Selezionare la persona giusta
Quando ho selezionato la persona che poi ho assunto, mio figlio non era ancora nato, quindi sentivo sì la necessità di scegliere la persona migliore e adatta, ma ancora non mi era chiaro quanto questo aggettivo riguardasse me e non lui.
La babysitter ha iniziato a venire a casa nostra a 4 mesi del piccolo, circa 2 ore per volta, una volta alla settimana. Desideravo che mio figlio prendesse confidenza con questa persona sin da molto piccolo, in modo da non avere difficoltà quando sarei rientrata al lavoro due mesi dopo.
Controllo fuori controllo
La prima volta che questa persona ha preso in braccio mio figlio io credo di avere esaminato anche l’atomo più nascosto della sua cellula più piccola. Come lo teneva, come lo guardava, quanto gli respirava sul volto, quanto si sentiva a suo agio in quel gesto e quanto le veniva naturale o meno farlo.
La prima volta che li ho lasciati soli in una stanza credo di essere rimasta con l’orecchio incollato alla porta, per capire che cosa lei gli dicesse, per carpire ogni piccola informazione.
Dopo qualche settimana ho deciso di uscire di casa lasciandoli soli; era necessario ma ho vissuto questa esperienza con fatica, pensavo che lui avrebbe sentito la mia mancanza e l’abbandono, pur trattandosi di soli 50 minuti.
La nostra importanza
Una mattina la babysitter e mio figlio sono usciti insieme e con il passeggino. Lì ho capito definitivamente che quella relazione a due tra mio figlio e questa ragazza mi creava qualche tensione, per quanto la riconoscessi come necessaria e come fonte di arricchimento per il piccolo che poteva avere più persone intorno, e per quanto io avessi davvero bisogno di un aiuto, non avendo parenti vicini a darmi una mano.
Un pomeriggio, portando fuori il cagnolino, ho incrociato mio figlio e la babysitter e lui vedendomi si è proteso verso di me iniziando a piangere. Ebbene, confesso che mentre mio figlio piangeva ho provato una sorta di soddisfazione per una frazione di secondo. Accorgermi che la situazione era diventata leggermente problematica (il piccolo piangeva) e occorreva la mia presenza, mi ha riportata a uno stato d’animo di serenità. Ero serena perché la mia presenza era necessaria. Come mi sarei sentita nel vederlo beatamente gustarsi la passeggiata con la sua tata, se mi avesse ignorata? Sicuramente felice, ma scommetto non solo.
Qualche mese dopo sono rientrata al lavoro e la frequentazione tra i due si è stabilizzata in 6 ore al giorno per 5 giorni la settimana.
Lei gli dava da mangiare a colazione e a pranzo, lei lo cullava per il riposino mattutino, lei gli faceva scoprire nuovi modi di muoversi e di fare vocalizzi. Mentre io ero al computer a battere tasti in modo forsennato.
Di ogni successo di mio figlio lei mi informava, documentava con foto e messaggi conditi con cuori e sorrisi l’avvenimento della giornata. Questa persona non si limitava insomma a farmi sapere a fine mattinata se il bambino aveva mangiato, dormito e quanti pannolini erano stati cambiati, ma si premurava di farmi sentire partecipe delle piccole vittorie di mio figlio.
E mentre mi sentivo chiaramente felicissima per ciò che vedevo, allo stesso tempo avvertivo una sorda emozione di privazione, mi sentivo derubata di una soddisfazione che doveva essere mia e saliva un briciolo di antipatia.
La proattività
A volte la tata dava consigli, non richiesti, e sebbene utilissimi e giusti, mi sentivo quasi invasa e seccata e si materializza in me la visione di questa persona che io stavo pagando (davvero molto brava) come di una che voleva fare più di quello che io avevo chiesto, di una che si prendeva libertà, invadendo un limite di confidenza che desideravo rimanesse inviolato.
Inoltre si insidiava in me anche l’idea che lei in qualche modo non mi stimasse come madre. Succedeva perché questo suo modo di suggerire e consigliare, e in modo diretto e senza troppi giri di parole, mi pareva più una forma di indicazione che di una genuina proposta, frutto di un punto di vista differente e molto proattivo.
Il passo dal pensarla così al dire a me stessa che forse non era il caso che lei, non nutrendo stima verso noi genitori, continuasse a occuparsi di mio figlio, la persona più importante della mia vita, poteva diventare breve.
Troppo brava
Il suo atteggiamento accurato e preciso, estremamente attento, il suo spiccato interesse per l’educazione dei bambini, mi causava in modo assurdo una sorta di competizione, sul chi sarebbe stato in grado di occuparsi meglio del piccolo. Percepivo un’insidia in qualche modo nel mio ruolo di madre.
A volte, sentirla rivolgersi a mio figlio con tanto affetto e percepire un interesse genuino espresso nel chiedermi di farle sapere come era andato un vaccino o come era andata la giornata dal punto di vista intestinale, mi seccava a tal punto che per due giorni diventavo fredda e dovevo farmi un bel lavaggio del cervello, per soprassedere.
Accettare la fortuna
Il fatto è questo, io ho trovato la babysitter dei sogni, la persona che ti permette di staccare il cervello con una tranquillità totale, super attenta, iper premurosa, precisa, puntuale, disponibile, presente e con ottimi principi. La persona che davvero è in grado di occuparsi di mio figlio in modo assolutamente perfetto.
Eppure, proprio per queste sue qualità mi sono sentita in qualche pericolo, di perdere una posizione, un ruolo datomi non solo dal fatto di essere madre, ma anche dalla consapevolezza di essere la persona che meglio al mondo conosce questo meraviglioso bambino e si sa occupare del suo benessere nel modo più appropriato.
Superare i propri limiti
Ho sperimentato con mano, quanto la professionalità altrui, quando fa ingresso nel tuo grande progetto, possa insinuare delle insicurezze e possa non essere immediatamente riconosciuta come una fortuna di cui beneficiare appieno. Questa sensazione capita a chi assume un autentico talento.
Forse perché la natura vuole che nel nostro sistema solare esista una sola stella.
Assumendo una baby sitter, ho capito, che le doti che io pensavo fossero ottimali sul lavoro, come la proattività, la dedizione, l’impegno, l’interesse, contano eccome, ma devono essere mostrate a piccole dosi. Non tutti sono in grado di fare i conti con il talento altrui, anche se questo talento porta benefici importanti a tutti i soggetti di una scena.
I figli degli altri
I genitori, siano essi di un bambino, di un progetto, di un’intera impresa devono usare il proprio cervello per non sentirsi in qualche modo oscurati, minacciati, invasi, sopraffatti. Bensì per mettere a valore quanto incontrato nel proprio cammino, ricordandosi che il bene dell’impresa richiede lasciare che essa si contamini di forze esterne, quando in grado di migliorarla.
Essere troppo bravi, innesca anche qualcosa di distorto, e lo fa ogni volta che qualcuno si trova a cedere a qualcun altro, per un qualche tempo, un’attività importante o anche secondaria, su qualcosa di fondamentale per sé.
Essere molto sicuri di sé, perché si ha talento, è qualcosa che può non essere piacevole da vedere, subito per qualcuno, per sempre per qualcun altro. E se la persona che ha avuto la grande fortuna di incontrare un talento, non si ferma a riflettere su se stessa, rischia di precludersi la ricezione di un servizio ottimale, e buttare alle ortiche la grande fortuna capitata.
Senza contare che un atteggiamento ostile verso il talento, produce nella persona talentuosa, una forte incomprensione degli eventi, che potrebbe sfociare nella perdita progressiva di interesse a eccellere. Una debacle per tutti.
Accorgimenti
Per ogni sognatore, per ogni persona che ha dedicato il proprio tempo di vita a costruire un progetto, per costoro, le imprese sono come figli.
E nella relazione con i figli altrui bisogna stare sempre molto attenti a non passare i limiti che i genitori consentono e a farsi accettare nel nucleo famigliare poco alla volta, con delicatezza e garbo, ricordandosi sempre che si ha a che fare con emozioni e attaccamenti importanti.
Ho passato diversi anni della mia vita a pensare il contrario: a pensare che nel mondo del lavoro fosse quasi doveroso dire la propria per stimolare un confronto, utile a chi mi pagava lo stipendio, che essere particolarmente presente, dedicarsi a qualcosa ‘come fosse la mia’ fosse da riconoscere come un bene enorme agli occhi di un titolare, fosse l’atteggiamento più professionale e corretto da tenere.
Devo dire che non sono mai stata premiata per questo atteggiamento e ho passato molto tempo a domandarmi perché.
Ma poi appunto, sono cresciuta e ho assunto una babysitter.
A settembre il mio piccolo andrà all’asilo nido e la mia mente (in questo caso piccina), nonostante ci abbia riflettuto e sia ora estremamente grata della fortuna che ho avuto a incontrare una vera professionista, si riscopre ancora a brevissimi tratti sollevata.